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La Corte Costituzionale riconosce la doppia esenzione Imu per gli immobili dei coniugi

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Con la sentenza n. 209/2022 del 12.09.2022, depositata ieri, 13 ottobre, la Corte Costituzionale ha ristabilito il diritto all’esenzione Imu per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile, ritenendo però opportuno chiarire che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui tutte le cosiddette “seconde case” ne possano usufruire; la sentenza mira infatti a responsabilizzare i Comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli.

Come noto, ai sensi dell’articolo 1, comma 741, L. 160/2019, ai fini della c.d. “nuova-Imu” può essere considerato “abitazione principale” l’immobile “nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”. La stessa previsione era contenuta nell’articolo 13 D.L. 201/2011, rubricato “Anticipazione sperimentale dell’imposta municipale propria”.

Per espressa previsione normativa, poi, se i componenti del nucleo familiare hanno stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi, ma situati nello stesso Comune, l’agevolazione si applica per un solo immobile.

Con la circolare 3/DF/2012 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ebbe però modo i evidenziare che “Il legislatore non ha, però, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative”.

La Corte di Cassazione, però, ritenendo di doversi attenere al dato letterale della disposizione normativa ha mostrato un orientamento prevalente opposto a quello espresso dal Mef, escludendo la possibilità di applicare l’agevolazione nel caso in cui il possessore e il suo nucleo familiare non dimorino stabilmente e non risiedano anagraficamente nello stesso immobile. In altre parole, se due coniugi risiedevano in due Comuni distinti nessun fabbricato poteva essere considerato abitazione principale ai fini Imu (si veda, per tutte, Corte di Cassazione, ordinanza n. 20130 del 24.09.2020).

Tenuto conto dell’ampio contenzioso generato da questi opposti orientamenti, il legislatore è quindi intervenuto con l’articolo 5 decies D.L. 146/2021, stabilendo che, nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile, scelto dai componenti del nucleo familiare.

In questo complesso quadro si inserisce la sentenza in esame, pronunciata a seguito della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 2, D.L. 201/2011, nella parte in cui non prevede l’esenzione Imu per l’abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare, nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro Comune, sollevata con ordinanza della CTP Napoli del 22.11.2021.

Ad avviso della CTP Napoli, infatti, la norma si poneva in contrasto con l’articolo 3 Cost., determinando un’incoerente disparità di trattamento tra il possessore componente di un nucleo familiare residente e dimorante in due diversi immobili dello stesso Comune e quello con nucleo familiare residente e dimorante in distinti immobili ubicati in Comuni diversi.

La scelta, inoltre, di accettare che il proprio rapporto affettivo sia regolato dalla disciplina legale del matrimonio o dell’unione civile determinava l’evidente effetto di precludere la possibilità di mantenere la doppia esenzione anche quando effettive esigenze, come possono essere in particolare quelle lavorative, impongono la scelta di residenze anagrafiche e dimore abituali differenti.

La Corte Costituzionale, con la sentenza in esame, ha quindi dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 2, quarto periodo, D.L. 201/2011, come convertito e successivamente modificato dalla L. 147/2013, nella parte in cui stabilisce: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente».

L’illegittimità costituzionale è stata quindi in via consequenziale dichiarata anche per l’articolo 1, comma 741, L. 160/2019 e per l’articolo 5 decies, comma 1, D.L. 146/2021, essendo norme che richiamano previsioni identiche a quella oggetto di dichiarata illegittimità costituzionale.

L’illegittimità costituzionale è stata inoltre estesa anche all’articolo 13, comma 2, D.L 201/2011, il quale stabilisce che, nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile: accogliendo una diversa interpretazione, infatti, sarebbero favoriti i nuclei familiari che magari per poche decine di metri hanno stabilito una residenza al di fuori del confine comunale e discriminati quelli che invece l’hanno stabilita all’interno dello stesso Comune (magari di grandi dimensioni).

La Corte Costituzionale ha tuttavia precisato che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” delle coppie unite in matrimonio o in unione civile possono beneficiare di una “doppia agevolazione”. Se i coniugi, infatti, hanno la stessa dimora abituale (e quindi principale) l’esenzione spetta una sola volta.

La sentenza, al contrario, elimina tutti gli automatismi, responsabilizzando i Comuni e le altre Autorità preposte ad effettuare adeguati controlli al riguardo; “controlli che, come si è visto, la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci”.

 

fonte: euroconference news

 

 

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