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PRESTAZIONI DIAGNOSTICHE PRESSO STRUTTURE SANITARIE: OBBLIGO DI FATTURA

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Le prestazioni sanitarie rese da poliambulatori o laboratori di analisi devono essere obbligatoriamente certificate mediante fattura. Non è ammesso il ricorso al “documento commerciale parlante”, utilizzabile, invece, dalle farmacie. Così si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 275 pubblicata ieri.

La questione è stata posta da una società che, avvalendosi di professionisti sanitari abilitati (infermieri, biologi, tecnici di laboratorio), esegue prestazioni sanitarie di diagnosi per le quali è riconosciuta l’esenzione ai sensi dell’art. 10 comma 1 n. 18 del DPR 633/72.

Nella risoluzione 12 maggio 2017 n. 60, l’Amministrazione finanziaria aveva sostenuto che alcuni servizi offerti dalle farmacie (prestazioni rese tramite messa a disposizione di operatori socio-sanitari, prestazioni analitiche di prima istanza rientranti nell’ambito dell’autocontrollo, prestazioni di supporto all’utilizzo di dispositivi strumentali per i servizi di secondo livello, servizi di prenotazione, riscossione e ritiro dei referti), oltre a beneficiare dell’esenzione IVA, potevano essere certificate mediante “scontrino parlante”.

L’istante riteneva pertanto di potersi avvalere dello stesso metodo e di essere esonerato dall’emissione di fattura ai sensi dell’art. 22 del DPR 633/72.

L’Agenzia delle Entrate evidenzia come, nel presupposto che il prestatore sia una “struttura sanitaria autorizzata”, le prestazioni di analisi cliniche da questa eseguite – dirette a identificare la patologia cui sono affetti i pazienti – possano rientrare nel perimetro di applicazione dell’art. 10 comma 1 n. 18 del DPR 633/72.

L’art. 22 del DPR 633/72 sancisce la non obbligatorietà della fattura, se non richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione, tra l’altro, “per le operazioni esenti indicate ai numeri da 1) a 5) e ai numeri 7), 8), 9), 16) e 22) dell’art. 10” (comma 1 n. 6).

La lettera della norma non individua le prestazioni di cui al n. 18) dell’art. 10 comma 1, che non sono comprese, quindi, fra quelle per le quali è consentita la documentazione mediante memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi di cui all’art. 2 del DLgs. 127/2015.

Tale disposizione è peraltro conforme, come sottolineato dall’Agenzia, al dettato dell’art. 36-bis del decreto IVA, che dispensa il soggetto passivo dagli obblighi di fatturazione e registrazione relativamente alle operazioni esenti, ad eccezione di quelle di cui all’art. 10 comma 1 n. 11, 18 e 19.

Va ricordato, al proposito, che nella circolare 23 luglio 1993 n. 15 l’Amministrazione finanziaria chiariva che relativamente alle operazioni testé citate (di cui ai numeri 18 e 19) non sarebbe stato ammissibile il rilascio della ricevuta fiscale, “sussistendo per le stesse l’obbligo di emissione della fattura”, discendente dalla “inequivocabile deroga” contenuta nell’art. 36-bis del DPR 633/72.

Con riferimento allo specifico caso delle farmacie, nella citata risoluzione n. 60/2017, veniva ricordato che l’art. 22 del decreto IVA riconosce la possibilità di non emettere fattura “per le prestazioni di servizi rese nell’esercizio di imprese in locali aperti al pubblico, in forma ambulante o nell’abitazione dei clienti” (comma 1 n. 4).

Nel medesimo documento, si precisava inoltre che “aperto al pubblico” è il locale in cui il pubblico può “liberamente accedere nelle ore di apertura stabilite dalle competenti autorità, indipendentemente dalla natura dei beni ceduti e dalla qualità del soggetto cedente, e nel quale abitualmente vengano eseguite le operazioni, in idonee strutture che realizzano il concetto di locale, nel diretto ed immediato rapporto tra venditore dettagliante ed acquirente consumatore”.

Tale ultima definizione può essere applicabile anche alle farmacie. Coerentemente con quanto già disposto per quanto attiene alla certificazione dei medicinali, è stato pertanto ammesso l’utilizzo del “documento commerciale parlante” (che comprende il codice fiscale del destinatario) in riferimento ad alcuni specifici servizi (si veda il DLgs. 3 ottobre 2009 n. 153), eseguibili nei confronti del pubblico all’interno dei locali delle stesse. Nella ris. n. 60/2017 viene altresì sottolineato che le prestazioni rese da soggetti abilitati alla professione sanitaria per conto della farmacia e nei suoi locali devono essere certificate nei confronti di quest’ultima mediante fattura (che, essendo riferita a operazioni B2B, dovrà essere emessa in formato elettronico).

Differente è il caso di specie, in cui la struttura (poliambulatorio specialistico chirurgico ed endoscopico e laboratorio di analisi cliniche) rende direttamente la prestazione sanitaria nei confronti dei pazienti e non può, come detto, beneficiare della disposizione di cui all’art. 22 del DPR 633/72. In considerazione del fatto che – stando a quanto si evince dalla lettura della risposta – i dati dei servizi resi dalla struttura devono essere trasmessi al Sistema tessera sanitaria, va sottolineato che le relative fatture dovranno necessariamente essere emesse in formato cartaceo o elettronico extra SdI (cfr. art. 10-bis del DL 119/2018).

 

Fonte: Eutekne.info

 

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